Carissimi fratelli, oggi voglio ricordare qui con voi il Giorgio privato, il cavaliere visto da vicino, nei momenti difficili. Questo ricordo lo dedico a tutti i cavalieri che sono entrati nell’ordine dopo quel tragico 25 novembre 2009. Lo ricordo mesi prima, malato, scheletrico, scendere con estrema difficoltà le scale del suo rifugio in Seborga. Nonostante si percepisse l’assoluta impossibilità ad aiutarlo – la SLA ancora oggi non ha una cura – si coglieva anche la sua umanità nascosta, la sua forza d’animo. “Devo farcela da solo! Che cosa farò quando voi non ci sarete?”

Non era la sua né presunzione né delirio di onnipotenza ma un sincero e profondo desiderio di non pesare su altri. In primis sui suoi Seborghini, per lo più sudditi ed in qualche caso fratelli. E poi Laura, suo grande amore e sua grande preoccupazione. Tornando a casa mi sentivo esausto, come se lui vivesse ormai non più del cibo che la Adriana gli portava ma della nostra energia,.

Coloro che erano dotati di uno sguardo profondo avranno certamente visto nei suoi occhi e nel suo comportamento il segno del guerriero di Cristo. La sua vita non è stata sempre impeccabile ed esemplare ma, come capita ad alcuni predestinati, ad un certo punto nella sua vita la dimensione gioviale, festaiola lasciò il posto a quella spirituale.

Poi arrivò la malattia. Mai una parola relativa al suo stato evidente di sofferenza, mai un gesto per impietosire; al contrario accettazione totale della sua missione e grande rispetto per le prove che avrebbe dovuto certamente subire. Giorgio ha parlato ai nostri cuori attraverso la sua sofferenza. Giorgio, col suo esempio,  è stato per alcuni una porta verso il regno dello spirito.

Molti dei frequentatori di casa sua non riuscivano a vedere in lui chi fosse realmente. Un vecchio, un solitario, vestiti malandati, ciabatte bucate, una casa spoglia e per lo più fredda. Noi li possiamo capire. Costoro non riuscivano ad andare oltre l’apparenza. In lui non vedevano altro che un uomo segnato dalla malattia, un leone ferito e senza futuro, un fumatore incallito, il principe rivoluzionario sconfitto.

Altri, attraverso di lui, intravedevano una realtà ancora ignota: il mondo eroico della cavalleria, la possibilità di un nuovo inizio, di riavvolgere il nastro per essere più umili, più leali, più Uomini, testimoni dell’Agnello. E’ stata per diversi un’opportunità unica, non facilmente ripetibile.

Per un certo numero di imprenditori, artigiani, avvocati, viticultori, impiegati, medici, l’arrivo a Seborga ha coinciso con importanti modificazioni del proprio stile di vita. Riprendere in mano le Sacre Scritture, andare a Messa, pregare, essere più buoni. Giorgio è stato il mediatore di tutti questi avvenimenti.

Poco importa ricercare e discutere su che cosa sia realmente il Grande Segreto, così come sapere se il santo Graal o le pietre che tenevano in piedi la croce od altro siano realmente presenti nel Castrum Sepulchri.

Il miracolo è già avvenuto. Il grande segreto non sono pietre od altro: siamo noi. Noi cavalieri ne siamo la prova. Alcuni forse non se ne sono resi ancora conto, altri hanno paura ad ammetterlo ma la nostra salita a Seborga ci ha modificati.

Parlo con amici, racconto la storia di come la statua della Madonna (oggi nella piccola grotta) sia giunta a Giorgio, misteriosamente, da Parigi, una consegna avvenuta apparentemente per sbaglio molti anni prima. Ricordo quando, ormai malato, mi disse che in sogno gli era apparsa la statua della Madonna, manifestandogli il desiderio di non stare più in un vano di casa sua ma di essere collocata in una piccola grotta, tutta per Lei. Rammento le sue telefonate affinché noi si ristrutturasse in modo adeguato e veloce una celletta ove collocare la statua. Ripenso alla sua insistenza: “Fate presto! Fate presto!”

So che alcune persone hanno ritrovato la gioia della fede proprio dinnanzi a questa statua, e questo è uno dei grandi segreti di Seborga e di Giorgio: riuscire a fare muovere i cuori, anche quelli più duri e farlo con semplicità, con umiltà.

Giorgio era un cavaliere. Probabilmente lo era sempre stato. Probabilmente lo era ancor prima di esserlo diventato mediante regolare investitura. La sua fede incrollabile in Cristo, il suo alto senso del dovere e della giustizia, la difesa di qualsiasi nobile causa e la sua profonda umiltà, che lasciava intravedere solo ai fratelli, ne sono la prova.

Giorgio era anche “un riccio”. Sì perché Giorgio per gli altri era un uomo con gli aculei, spinoso, duro, impenetrabile, distante, inavvicinabile. Per conoscerlo nell’intimo bisognava volerlo ardentemente. La sua apparente superbia era una prova, un mezzo per valutare chi lo cercava. Si sa che i semi sono sempre ben protetti da un guscio. Il suo guscio gli valse a Seborga l’appellativo di “Sua tremendità”. Non così per tutti. Riuscendo a leggerne i cuori, alcuni li considerò fratelli fin da subito.

Io ho avuto la fortuna di avere con lui un rapporto non banale, profondo, di quelli che giungono alla radice dei sentimenti. Un rapporto che si è fortificato ed è cresciuto dal momento della diagnosi e nelle varie fasi della malattia.

Credo che quando Gesù diceva “Non date le cose sante ai cani e non gettate le perle davanti ai porci”  (Matteo, 7.6) volesse dire un qualcosa simile. Il ‘Giorgio cavaliere’ era la scoperta alla fine di un percorso di conoscenza che lui regolava, accorciandolo e facilitandolo per alcuni o allungandolo per altri.

Si è veramente fortunati quando l’atto di “scegliere” un maestro coincide con quello di “essere scelti” come allievo. Una domenica, dinnanzi al caminetto scoppiettante mi disse: “Ecco! Qui c’è il mio manoscritto del libro sulla cavalleria cistercense. Pubblicalo quando non sarò più con voi in corpo fisico. Ho dedicato otto anni della mia vita a quest’opera che è un poco il mio regalo ai cavalieri di oggi e di domani. Sarà un modo per continuare ad essere con voi anche in futuro”.

Aggiunse poi: “Ora, forse a causa della mia malattia riesco a vedere le cose più chiaramente. Il percorso dell’Ordine non sarà facile. Non ti preoccupare se alcuni ti faranno la guerra, anzi sarei stupito se non trovassi difficoltà. Le tenebre cercheranno di oscurare la luce. Liberati dalla cavalleria delle medaglie, dei palloni gonfiati, di coloro che usano la cavalleria per secondi fini. Resisti! Se non se ne andranno loro vattene tu con quelli che reputi Cavalieri fidati. Fa tabula rasa. L’Ordine ha bisogno di pulizia, di purificazione. C’è ancora tanta, troppa zavorra che purtroppo io non sono riuscito ad eliminare”.

Spero che Giorgio, là dove si trova, vedendo il cammino da noi portato avanti in questi anni, sia soddisfatto.